La barriera cutanea è una struttura collocata nel profondo dello strato corneo.
Modula l’interazione tra ambiente esterno ed i cheratinociti, la parte vitale della cute, regolando quindi l’assorbimento transcutaneo e la penetrazione di sostanze esterne, contaminanti ambientali, irritanti ed inibendo o modulando la perdita idrica.
L’attività della barriera cutanea è un meccanismo piuttosto complesso.
La struttura della barriera è organizzata secondo il modello “mattoni e cemento”, dove i mattoni sono rappresentati da corneociti ed il cemento dalla sostanza intercellulare idrolipidica, con alternanza di aree lipofile e aree idrofile.
I lipidi, tra cui i principali sono colesterolo, acidi grassi liberi e ceramidi, hanno un ruolo importante nella regolazione della funzione barriera. Le alterazioni di questi lipidi comportano modificazioni di legame dell’acqua e quindi della funzione barriera.
Nella pelle del soggetto atopico si osservano meno ceramidi, soprattutto di classe I rispetto ai soggetti sani, dato confermato da più studi che ha portato a ipotizzare una connessione tra secchezza cutanea e carenza di ceramidi.
All’esame in microscopia elettronica della ultrastruttura dello strato corneo, esiste una evidente difformità nella struttura lipidica intercellulare, fra il soggetto normale e l’atopico:
nel soggetto normale si presenta lineare, mentre nell’atopico la carenza di ceramidi rende irregolare il doppio strato lipidico e questo si ripercuote anche sul legame dell’acqua, inducendo a sua volta scarsa definizione e distribuzione irregolare dei corneodesmosomi. Questa situazione contribuirebbe a indurre l’aumento di desquamazione e la secchezza cutanea tipiche della dermatite atopica.
L’alterazione funzionale della barriera cutanea può verificarsi a opera di stimoli ambientali, innescarsi su un substrato genetico, o entrambe le cose, come probabilmente avviene nella dermatite atopica, e può favorire l’assorbimento transcutaneo di sostanze irritanti o allergeniche.
Pertanto nel soggetto atopico, oltre all’aumento di reattività, vi può essere anche un aumento di penetrazione transcutanea di sostanze che possono indurre infiammazione.
Un’altra conseguenza di un danno alla barriera cutanea può essere l’alterazione della reattività immunologica locale.
E’ stato ipotizzato che, nel soggetto atopico, in presenza di batteri, i superantigeni penetrino più facilmente e si possa verificare una stimolazione delle cellule T, con inizio della cascata immunologica ed infiammatoria. Un aumento della risposta immunitaria locale potrebbe pertanto verificarsi in seguito a uno stimolo esterno che comporti un’alterazione della struttura lipidica.
Pertanto, una gestione ottimale della DA richiede un approccio multiforme volto a guarire e proteggere la barriera cutanea e ad affrontare la complessa immunopatogenesi della malattia.
La rottura della barriera epidermica promuove l’infiammazione attraverso la disregolazione delle proteine immunomodulatorie ed il rilascio di molecole associate al danno, tra cui le allarmine, IL-1β, IL-25, IL-33 e linfopoietina timica stromale (TSLP). Viceversa, una risposta infiammatoria può a sua volta innescare la rottura della barriera epidermica e ridurre l’espressione delle proteine dello strato corneo e delle giunzioni strette.
Una composizione alterata della organizzazione lamellare dei lipidi epidermici, ridotta espressione di proteine a giunzioni strette ed un pattern di colonizzazione del microbiota superficiale alterato, con una maggiore abbondanza di Staphylococcus aureus, sono stati osservati sia nei siti cutanei lesionati e non lesionati di pazienti con DA.
La
Dermatite Atopica (DA), un tempo conosciuta come eczema
costituzionale endogeno, è una flogosi cutanea più o meno intensa,
ad andamento cronico-recidivante che fa parte di un quadro più
complesso ed articolato noto come atopia.
L’atopia
è una condizione costituzionale, spesso famigliare, caratterizzata
da un’iperreattività della cute e delle mucose (bronchiali,
congiuntivali, enteriche), scatenata da fattori apparentemente
normali.
Le
manifestazioni cliniche dell’atopia sono rappresentate da asma,
rinite allergica, congiuntivite e dermatite atopica.
La pelle del soggetto con DA è caratterizzata da cute secca, arrossata e pruriginosa con chiazze rosse e vescicole in varie parti del corpo. Il prurito può essere più o meno intenso con tendenza a peggiorare durante la notte.
Nei
casi più gravi la dermatite diventa umida, essudante e poi si
ricopre di croste.
Microbiota
cutaneo
La pelle dei pazienti con DA presenta notevoli anomalie microbiotiche; S. aureus ad esempio si trova comunemente sulla loro pelle.
In generale la prevalenza delle varie specie all’interno del microbiota è diversa a seconda dei siti del corpo, ed è più pronunciata nei siti come la fossa poplitea (depressione nella parte posteriore dell’articolazione del ginocchio), la fossa antecubitale (depressione sulla superficie anteriore di l’articolazione del gomito) e nella cute infiammata, questa diversità microbica si riduce durante la riacutizzazione della DA.
La diversità del microbiota è diminuita nella pelle infiammata, favorendo la presenza di membri del genere Staphylococcus in particolare di S. aureus.
Nei pazienti con DA, durante una grave riacutizzazione, la presenza di Staphylococcus all’interno del microbiota potrebbe ridursi addirittura ad un singolo ceppo di S. aureus.
S. aureus esprime numerosi fattori di virulenza che hanno dimostrato un ruolo nella patogenesi delle infezioni sia superficiali che invasive; questi diversi fattori di virulenza contribuiscono alla patogenesi o alla esacerbazione della malattia attraverso meccanismi che agiscono sui cheratinociti e sulle cellule immunitarie.
Oltre al ruolo ben definito di S. aureus nella DA, altri organismi, tra cui i lieviti, hanno probabilmente ruoli sostanziali nella stimolazione dell’infiammazione cutanea.
La
disseminazione cutanea del virus dell’herpes
simplex (HSV),
in particolare nei siti lesionati, si verifica in generale in meno
del 3% dei pazienti con DA; tuttavia, come per le infezioni da S.
aureus,
la sua comparsa è maggiore nei pazienti con DA più grave.
Il soggetto con DA ha quindi una tipologia di organo pelle definibile anche come “pelle sensibile”.
Dallo studio strumentale dei parametri biofisici basali, la pelle sensibile, rispetto a quella normale, dimostra aumento di alcuni e diminuizioni di altri:
Valori superiori di TEWL, pH, colore, flusso microcircolatorio capillare che indicano propensione a disidratazione, arrossamento, fragilità capillare e minore difesa acida; valori inferiori di spessore epidermico, capacitanza, sebometria che corrispondono a maggiore possibilità di penetrazione transdermica, minore contenuto d’acqua dello strato corneo, minore secrezione sebacea.
Sedi,
clinica e diagnosi
Non
ci sono test diagnostici specifici per la DA.
La
diagnosi del disturbo si basa su criteri che tengono conto della
storia del paziente e delle manifestazioni cliniche.
La
diagnosi richiede la presenza di una condizione cutanea pruriginosa e
tre o più criteri minori, che variano a seconda dell’età del
paziente.
Nei neonati, le superfici del cuoio capelluto, del viso, del collo, del tronco sono generalmente colpite.
I bambini hanno tipicamente coinvolgimento della superficie flessoria (pieghe del gomito e dietro il ginocchio), collo, polsi e caviglie.
Nell’adolescenza e nell’età adulta, la superficie flessoria, le mani e i piedi sono generalmente interessati.
Indipendentemente dall’età, il prurito in genere continua per tutto il giorno e peggiora durante la notte, portando alla perdita del sonno e a considerevoli menomazioni della qualità della vita.
A
volte è difficile differenziare la DA da altre condizioni della
pelle (es. dermatite seborroica, dermatite da contatto, psoriasi,
scabbia); tuttavia, una storia familiare di atopia e la distribuzione
delle lesioni sono utili in molti casi per la diagnosi.
In sintesi, le sedi più colpite sono il volto intorno alla bocca, guance ed intorno agli occhi con interessamento delle palpebre .
Nelle braccia la dermatite interessa soprattutto le pieghe del gomito, polso.
Alle
gambe la si presenta soprattutto alla piega del ginocchio.
Colpisce
spesso il collo sia nei bambini sia negli adulti, nei bambini spesso
interessa anche tutto il tronco.
Ai piedi e alle mani interessa soprattutto la parte dorsale e meno di frequente quella del palmo.
Anche le labbra sono interessate, con secchezza e fissurazioni.
(le fotografie sono manifestazioni sulla mia persona in seguito anche all'utilizzo di immunosopressore Tacrolimus)
Cause
Le
cause della DA non sono note.
La
predisposizione genetica, che induce un’alterata risposta immune, è
la causa fondamentale alla quale si associano alterazioni della
funzione di barriera cutanea dello strato corneo. Queste alterazioni
contribuiscono a favorire la reazione infiammatoria sulla pelle.
In
particolare, nello strato corneo, strato più superficiale della
pelle, si è evidenziata una carenza di ceramidi, lipidi fondamentali
per mantenere una corretta idratazione ed una funzione barriera
ottimale.
Per
questo motivo la pelle dei soggetti atopici è sempre più secca
rispetto ai soggetti normali.
I
soggetti affetti da DA hanno una funzione barriera della pelle
difettosa per cui entrano in contatto con sostanze normalmente tenute
all’esterno, si tratta di uno stato di iper-reattività cutanea a
stimoli comuni con alto grado di familiarità.
Il
cambiamento di stagione e lo stress psicofisico sono tra le cause di
scatenamento e peggioramento.
Concause note sono: cambio di stagione, ambiente umido, mancanza di esposizione al sole, contatto con polveri ambientali, contatto con forfore animali, lavaggi troppo frequenti, affaticamento fisico, affaticamento psichico, stress emotivi, malattie intercorrenti, uso di farmaci ecc.
Filaggrina
Il
più forte fattore di rischio genetico noto per la DA sono mutazioni
nulle semi-dominanti nel gene FLG, che codifica per la proteina
epidermica filaggrina, le quali portano a una riduzione
dell’espressione della filaggrina.
La filaggrina è una proteina strutturale importante nello strato corneo, lo strato più esterno della pelle.
I monomeri di filaggrina in vitro aggregano e allineano i fasci di cheratina e si ritiene che contribuiscano alla resistenza meccanica e all’integrità dello strato corneo.
I
prodotti di degradazione della filaggrina, insieme agli ioni cloruro
e sodio, lattato e urea, formano un fattore idratante naturale, un
rivestimento protettivo che ha un ruolo nell’idratazione epidermica e
nella funzione barriera.
Le mutazioni di FLG causano principalmente ittiosi vulgaris, un disturbo di cornificazione dove la differenziazione dei cheratinociti anomali si traduce in pelle secca, squamosa ed ispessita.
Una
maggiore permeabilità cutanea alle sostanze esogene è stata
proposta come il meccanismo più plausibile che collega la carenza di
filaggrina alla DA.
Valutazione
dell’allergia
Una
stretta relazione tra dermatite atopica e allergia alimentare,
specialmente durante l’infanzia, è ben consolidata.
Negli
studi clinici, circa il 35% dei bambini con DA da moderata a severa
ha presentato allergie alimentari. In generale, più il paziente è
giovane, più è probabile che specifici allergeni alimentari possano
aggravare la malattia. Al contrario, le allergie alimentari sembrano
avere un ruolo piccolo, se non nullo, nell’adulto (~ 10%).
Molti
pazienti con DA, in particolare quelli con malattia grave, mostrano
sensibilizzazione IgE-mediata ad allergeni comuni e nella prima
infanzia, le risposte alle IgE sono di solito dirette contro gli
allergeni alimentari.
La sensibilizzazione agli allergeni inalati si verifica per lo più dopo l’infanzia e può causare riacutizzazioni della DA. Le comorbidità più comuni sono la rinite allergica e l’asma.
La
DA è anche associata a diverse condizioni non atopiche, in
particolare a disturbi della salute mentale e altre malattie
autoimmuni o immuno-mediate. Robusta evidenza mostra che i bambini e
gli adolescenti con DA hanno un aumentato rischio di sviluppare
disturbi mentali, in particolare disordine da deficit di attenzione,
iperattività, depressione, ansia, disturbi della condotta e autismo;
questa relazione è ulteriormente aggravata dal disturbo del sonno e
dalla gravità della malattia.
I bambini con DA grave o ad esordio precoce ed a più lunga durata hanno un rischio molto più elevato di allergia alimentare. Gli allergeni più comuni sono l’arachide, l’uovo di gallina e il latte di mucca, ma altri allergeni stanno guadagnando importanza, incluso il sesamo.
La cute rappresenta il confine tra il nostro organismo e il mondo esterno, costituendo una vera e propria barriera di difesa, capace di impedire l’accesso a microrganismi e sostanze tossiche o irritanti e di ridurre la perdita d’acqua.
Essa deve essere considerata un organo a tutti gli effetti, e in particolare l’organo con la maggiore superficie, essendo la sua estensione di circa 150-200 nel soggetto adulto.
La cute è costituita da tre strati: epidermide, derma e ipoderma.
Epidermide
Nell’epidermide lo strato corneo rappresenta la
prima struttura cutanea con cui entrano in contatto i prodotti cosmetici
che applichiamo e data l’importanza di quest’interazione nelle
conseguenti modifiche a livello degli strati vitali epidermici, la
precisa conoscenza della struttura dello strato corneo è alla base della
dermatologia cosmetica e della formulazione di prodotti cosmetici.
Sebbene per molto tempo lo strato corneo sia stato considerato una struttura inerte poiché costituito da cellule prive di nucleo, mitocondri ed altri organuli intracellulari, negli ultimi anni gli studi ne hanno evidenziato l’aspetto vitale, dinamico e responsivo e in particolare il ruolo preponderante nella funzione barriera dell’epidermide.
La struttura dello strato corneo è stata paragonata a un muro di
mattoni in cui i corneociti, anucleati e non vitali costituiscono i
mattoni, mentre il cemento è rappresentato da una matrice di lipidi
intercellulari specializzati.
L’integrità dello strato corneo è l’elemento fondamentale della funzione barriera dell’epidermide.
La protezione nei confronti degli insulti fisici e chimici è
assicurata dai corneociti, mentre i lipidi intercellulari regolano in
particolare il movimento transcutaneo d’acqua.
Il corneocita può essere considerato come una complessa proteina insolubile, principalmente costituita da macrofibrille di cheratina, avvolta da un involucro corneo. Questo involucro, spesso circa 15-20 nm, è costituito da una componente proteica legata in modo covalente a uno strato di lipidi, i ceramidi.
I lipidi intercellulari provengono prevalentemente dai fosfolipidi, dal colesterolo e dai glucosilceramidi contenuti nei corpi lamellari.
L’intensa attività metabolica presente nello strato corneo ha portato a considerarlo una struttura in qualche aspetto vitale.
Qualsiasi alterazione in questo delicato processo comporta dei danni a carico della funzione barriera dell’epidermide.
Nello strato corneo l’acqua è presente in due forme: libera e legata.
L’acqua legata è quella connessa alle proteine di membrana dei corneociti e ai lipidi interlamellari tramite legami covalenti e legami idrogeno, mentre l’acqua libera si diffonde verso l’ambiente esterno.
I lipidi intercellulari sono di vitale importanza nella regolazione
del contenuto di acqua, l’aumento della TEWL (Trans Epidermal Water
Loss) va a pari passo con la perdita dell’integrità della barriera
cutanea.
Studi recenti hanno mostrato che la regolazione della sintesi
lipidica epidermica si basa sulla funzione barriera stessa della cute;
un danno della barriera induce precocemente la secrezione dei corpi
lamellari preformati e un’accelerata produzione di nuovi corpi
lamellari, successivamente si osserva proliferazione epidermica, aumento
della quantità di mRNA e aumentata attività di tutti gli enzimi
coinvolti nella sintesi degli acidi grassi, colesterolo e ceramidi.
Una tipologia di patologia cutanea in cui si ha un’importante
alterazione della funzione barriera cutanea cronico-recidiva è la
Dermatite Atopica (DA).
La
DA è un esempio di patologia in cui si può intervenire con
l’utilizzo di cosmeceutici per attuare trattamenti di prevenzione e
mantenimento, in modo da minimizzare le riacutizzazioni della
malattia.
La formulazione di questo specifico cosmeceutico deve essere atta a
placare le azioni pro-infiammatorie, l’aumento della carica batterica,
l’eczema, il prurito, manifestazioni tipiche della malattia.
Barriera cutanea
La barriera cutanea è una struttura collocata nel profondo dello
strato corneo che modula l’interazione tra ambiente esterno ed i
cheratinociti, i quali rappresentano la parte vitale della cute,
regolando quindi l’assorbimento transcutaneo e la penetrazione di
sostanze esterne, contaminanti ambientali, irritanti ed inibendo o
modulando la perdita idrica.
L’attività
della barriera cutanea è un meccanismo piuttosto complesso.
E’
ormai acquisito da più di un decennio che la struttura della
barriera è organizzata secondo il modello “mattoni e cemento”,
ove i mattoni sono rappresentati da corneociti ed il cemento dalla
sostanza intercellulare idrolipidica, con alternanza di aree lipofile
e aree idrofile.
Quando ci si riferisce all’idratazione dello strato corneo, si intende sia la presenza di acqua legata all’NMF (natural
moisturing factor, fattore naturale di idratazione miscela di sostanze
idrosolubili e igroscopiche in grado di legarsi all’acqua) dei
corneociti sia di quella legata alla componente lipidica,
che è la più importante perché permane in situ più a lungo ed influenza
maggiormente l’assorbimento transcutaneo e la stessa funzione barriera.
Funzioni della barriera cutanea, “interne-esterne” ed “esterne-interne”.
I lipidi, tra cui i principali sono colesterolo, acidi grassi liberi e ceramidi,
hanno un ruolo importante nella regolazione della funzione barriera e
sono allineati con la componente idrofila all’esterno e con quella
lipofila all’interno. Le alterazioni di questi lipidi comportano
modificazioni di legame dell’acqua e quindi della funzione barriera.
Nella
pelle normale del soggetto atopico si osservano meno ceramidi,
soprattutto di classe I, rispetto ai soggetti sani. E’ questo un
dato confermato da più studi che ha portato a ipotizzare una
connessione tra secchezza cutanea e carenza di ceramidi.
All’esame
in microscopia elettronica della ultrastruttura dello strato corneo,
esiste una evidente difformità, fra il soggetto normale e l’atopico,
nella struttura lipidica intercellulare: nel soggetto normale si
presenta lineare, mentre nell’atopico la carenza di ceramidi rende
irregolare il doppio strato lipidico e questo si ripercuote anche sul
legame dell’acqua, inducendo a sua volta scarsa definizione e
distribuzione irregolare dei corneodesmosomi. Questa situazione
contribuirebbe a indurre l’aumento di desquamazione e la secchezza
cutanea tipiche della dermatite atopica.
L’alterazione
funzionale della barriera cutanea può verificarsi a opera di stimoli
ambientali, innescarsi su un substrato genetico, o entrambe le cose,
come probabilmente avviene nella dermatite atopica, e può favorire
l’assorbimento transcutaneo di sostanze irritanti o allergeniche.
Funzione barriera dell’epidermide schematizzata: cosa avviene quando la
funzione barriera è inalterata (immagine di sinistra) e quando la
funzione barriera è compromessa, indebolita (immagine di destra).
Pertanto nel soggetto atopico, oltre all’aumento di reattività, vi
può essere anche un aumento di penetrazione transcutanea di sostanze che
possono indurre infiammazione.
Un’altra conseguenza di un danno alla barriera cutanea può essere l’alterazione della reattività immunologica locale.
E’
stato ipotizzato che, nel soggetto atopico, in presenza di batteri, i
superantigeni penetrino più facilmente e si possa verificare una
stimolazione delle cellule T, con inizio della cascata immunologica
ed infiammatoria. Un aumento della risposta immunitaria locale
potrebbe pertanto verificarsi in seguito a uno stimolo esterno che
comporti un’alterazione della struttura lipidica.
Pertanto,
una gestione ottimale della DA richiede un approccio multiforme volto
a guarire e proteggere la barriera cutanea e ad affrontare la
complessa immunopatogenesi della malattia.
La
compromissione della funzione della barriera epidermica, ad esempio,
a causa di una deficienza della proteina strutturale filaggrina, può
favorire l’infiammazione e l’infiltrazione delle cellule T.
La rottura della barriera epidermica promuove l’infiammazione
attraverso la disregolazione delle proteine immunomodulatorie ed il
rilascio di molecole associate al danno, tra cui le allarmine, IL-1β, IL-25, IL-33 e linfopoietina timica stromale (TSLP).
Viceversa, una risposta infiammatoria può a sua volta innescare la
rottura della barriera epidermica e ridurre l’espressione delle proteine
dello strato corneo e delle giunzioni strette.
Una composizione alterata della organizzazione lamellare dei
lipidi epidermici, ridotta espressione di proteine a giunzioni strette
ed un pattern di colonizzazione del microbiota superficiale alterato,
con una maggiore abbondanza di Staphylococcus aureus, sono stati osservati sia nei siti cutanei lesionati e non lesionati di pazienti con DA.
Idratazione
Negli
strati profondi dell’epidermide, il contenuto di acqua delle
cellule è comparabile a quello associato alla cellula vitale, vale a
dire circa il 70%.
Nello
strato corneo il contenuto idrico, in costante equilibrio sia con
l’ambiente esterno sia con il microambiente cutaneo sottostante, è
dovuto all’acqua legata alle proteine di membrana dei corneociti
(filaggrina, involucrina) e ai lipidi interlamellari.
Si comprende allora come l’integrità strutturale della
componente lipidica di superficie, come pure quella delle proteine di
cheratinizzazione, sia essenziale per lo svolgimento della funzione
fisiologica di barriera. Oltre alla composizione lipidica è
importante l’organizzazione delle molecole allo stato liquido
cristallino e l’impaccamento strutturale delle stesse per il
mantenimento dell’acqua nello strato corneo.
Il
corretto contenuto idrico conferisce alla pelle plasticità,
elasticità, turgore, aspetto levigato ed efficace difesa contro le
aggressioni esterne (chimiche, fisiche, microbiologiche, ambientali).
Secondo le acquisizioni scientifiche più recenti il
meccanismo essenziale dell’idratazione non è tanto apportare una
maggiore quantità d’acqua alla pelle, quanto contribuire al mantenimento
dell’equilibrio idrico tra le cellule.
Equilibrio
che è regolato per oltre il 90% dalla quantità di lipidi presenti:
grassi intercorneocitari che compattano le lamelle di cheratina del
corneo e i grassi del film idro-lipidico.
Nella
cute “normale” il contenuto di acqua dello strato corneo è pari
a circa il 15-20% quando questo valore scende al di sotto del 10% la
cute diventa secca e si osserva una fine desquamazione.
Studi
recenti in campo cosmetico hanno rilevato una nuova strategia di
idratazione mediante l’applicazione di formulazioni a base di
lipidi fisiologici, ossia simili a quelli che costituiscono il
cemento intercellulare dello strato corneo, combinati in proporzioni
cosiddette ottimali: il presupposto è quello di accelerare il
fisiologico recupero della barriera e quindi ridurre la perdita di
acqua ma senza occlusione.
Idratare significa quindi riparare la funzione barriera.
Perché questo avvenga devono essere presenti tutti e tre i costituenti
del cemento lipidico intercellulare: colesteolo, ceramidi e acidi
grassi, in cui il lipide dominante è rappresentato generalmente dagli
acidi grassi, dal colesterolo per la cute senile e dai ceramidi per la
cute atopica.
Studi su cute murina hanno mostrato che la miscela lipidica applicata
raggiunge lo strato granuloso in cui i suoi componenti diventano parte
dei corpi lamellari e vengono quindi poi secreti nello spazio
intercellulare formando le lamelle intercellulari.
Trans Epidermal Water Loss
La Trans Epidermal Water Loss (TEWL), ossia la
quantità di acqua che diffonde attraverso lo strato corneo, espressa in
g//h, rappresenta un indicatore affidabile dell’integrità della funzione
barriera della cute, subendo variazioni in presenza di alterazioni
della cute. La misurazione della TEWL è quindi uno strumento
fondamentale per valutare l’effetto di un cosmetico sullo strato corneo.
Quando
una sostanza chimica penetra attraverso la cute e danneggia lo strato
corneo e gli strati più profondi e vitali dell’epidermide, si
determinano un disturbo della funzione di barriera e un aumento della
perdita transepidermica di acqua (TEWL, Trans Epidermal Water Loss).
In
tale alterazione della barriera in seguito a processi patologici o
irritazione, i valori di TEWL aumentano proporzionalmente al danno
subito. Quindi l’evaporimetria rappresenta un sensibile metodo per
la valutazione della dermatite.
Da
un punto di vista funzionale la TEWL è quindi riferita alla quota
totale di acqua che viene persa dai tessuti dermici ed epidermici
verso l’ambiente esterno attraverso lo strato corneo.
La
perdita d’acqua attraverso l’epidermide si mantiene all’interno
di un intervallo che in media va dai 2 ai 5 g//h, a seconda
dell’individuo e in assenza di sudorazione, permettendo in questo
modo agli esseri umani di sopravvivere anche in ambiente secco. Nella
situazione in vivo vi è un continuo rifornimento d’acqua da parte
dei sottostanti tessuti viventi, in modo tale che lo strato corneo
rimanga morbido e flessibile in condizioni ambientali normali.
Comunque, se l’umidità relativa ambientale è molto bassa, lo
strato corneo diventa secco e fragile e può perdere fino a 44 g//h
di acqua per riuscire a mettersi in equilibrio con l’umidità
relativa dell’ambiente esterno.
La
TEWL può essere considerata un processo di diffusione passiva che
obbedisce alle comuni leggi fisiche: il grado di diffusione di vapore
acqueo dipende direttamente dall’umidità relativa ambientale,
dall’integrità di barriera cutanea, dalla temperatura e
inversamente dallo spessore dello strato corneo.
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